MUSEO NAZIONALE DEL BARGELLO
- carlottaceccarini9
- 2 set 2022
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Il museo, facente parte insieme alle Cappelle Medicee, Orsanmichele, Palazzo Davanzati e Casa Martelli del complesso dei Musei del Bargello, è dedicato alla scultura rinascimentale; possiede una delle più notevoli collezioni, tra cui figurano statue di Michelangelo, Donatello, Ghiberti, Cellini, Giambologna e altri importanti nomi della storia dell’arte.

Dopo la vittoria dei Guelfi sui Ghibellini a metà 1200, fu deciso di riorganizzare il governo e costruirvi una nuova sede. Secondo le testimonianze di Giorgio Vasari, l’architetto dell’edificio, e dei successivi ampliamenti, fu Lapo Tedesco. Il palazzo nel 1260 divenne la sede stessa del podestà, da cui prende il nome (Palazzo del Podestà) e da dove egli amministrava la giustizia penale e civile, infatti era provvisto di celle e fu per molti secoli uno dei luoghi deputati alle esecuzioni capitali, agli interrogatori e alle torture (qui ebbe luogo la sentenza d’esilio di Dante Alighieri). Il Palazzo fu soggetto negli anni seguenti a diversi restauri e modifiche dovute alle numerose lotte in territorio fiorentino e agli assalti al palazzo stesso che lo danneggiarono più volte. Intorno al 1300 fu il rinomato pittore Giotto con la sua bottega ad arricchire l’edifico con gli affreschi della cappella della Maddalena (in cui vi è un ritratto dello stesso Dante).
Con l’ascesa della famiglia Medici, il Palazzo divenne la sede del Consiglio di Giustizia fino al 1547, quando il duca Cosimo I de’Medici spostò le magistrature nel palazzo Castellani e il Palazzo del Podestà divenne la sede del bargello, cioè del capo delle guardie. Da questo momento il palazzo fiorentino divenne un vero e proprio carcere e subì perciò un forte degrado.
Nel XIX secolo, contemporaneamente a un rinnovato interesse per la città e l’arte fiorentine, si diffuse la notizia vasariana documentata della presenza di un ritratto di Dante ad opera del maestro Giotto all’interno del Bargello. A metà 1800 circa, il barone Seymour Kirkup (pittore e storico dell’arte britannico) e i suoi collaboratori iniziarono una serie di sondaggi. Grazie ad essi vennero riportati alla luce il ritratto di Dante entro un’articolata rappresentazione del Giudizio Universale e delle storie di Maria Egiziaca e Maria Maddalena. Le immagini dei capolavori contenuti all’interno del Palazzo vennero diffuse su riviste italiane e straniere, guide e manuali, contribuendo a un rinnovato interesse e notorietà per il Palazzo stesso.
Nel 1847 scoppio l’ennesima rivolta contro le guardie e divenne evidente la necessità di spostare i carcerati in una sede più idonea. Dieci anni dopo il Palazzo fu svuotato e vennero avviati i lavori di restauro sotto la direzione di Francesco Mazzei. Il Palazzo sarà destinato a diventare la sede di un Museo di antichi monumenti, attraverso i quali verrà illustrata la storia della Toscana, delle sue istituzioni, costumi e arti. In pieno clima neogotico, la linea di pensiero del restauro fu il recupero del “vecchio”, spesso con ornamenti architettonici e decorazioni pittoriche ex novo. Nel 1861, durante la prima Esposizione Nazionale Italiana, il Palazzo venne aperto per la prima volta al pubblico.
Inizialmente pensato come museo delle Arti industriali, poi come museo del Medioevo e ancora come museo Storico Archeologico nazionale, il Museo del Bargello infine venne designato a Museo Nazionale, il primo in Italia, in concomitanza con la nomina di Firenze come capitale. Il Bargello divenne così il contenitore espositivo delle statue più recenti delle Gallerie, della collezione dell’Armeria medicea, delle statue del Salone del Cinquecento di Palazzo Vecchio, dei bronzetti della Guardaroba medicea e di altri oggetti fino allora conservati in depositi privati. Da allora la sua collezione si è allargata alle arti applicate, maioliche, cere, smalti, avori, ambre, arazzi, oreficerie, medaglie, monete, sigilli, placche, tessuti. Nel corso degli anni il Museo è anche entrato in possesso di straordinari esempi di arti “minori” europee ed extra-europee.
Il Museo del Bargello venne duramente colpito dall’alluvione del 1966 e da un furto nel 2006 avvenuto alla luce del sole, durante l’orario di apertura, che coinvolse tre gioielli antichi islamici.
Varcato l’ingresso del Museo si accede al cortile centrale in cui spicca la ricostruzione della fontana di Giunone ad opera di Bartolomeo Ammanati (padre della Fontana di Nettuno in Piazza della Signoria), al cui centro spicca Cerere affiancata dalle personificazioni dei fiumi Arno e Parnaso, allusione ai territori di Siena conquistati da Cosimo I, a loro volta accerchiati dalla Prudenza e da Flora, allegoria di Firenze; al centro in alto è seduta Giunone in mezzo a due pavoni, animali a lei sacri, omaggio a Eleonora di Toledo, moglie di Cosimo I. In dialogo con la fontana troneggia la monumentale statua di Giambologna, Oceano, signore delle acque e la statua di Vincenzo Danti in onore di Cosimo I de’Medici, insieme a diverse opere raffiguranti santi e cardinali.
Superato il cortile si susseguono la Sala del Trecento e della Scultura Medievale in cui emerge il gruppo scultoreo di Arnolfo di Cambio, la Sala degli Avori, la Cappella del Podestà, la Sala dedicata alla Collezione Carrand, l’area ospitante la Collazione Islamica, la Sala Bruzzichelli, la Sala delle Maioliche, la Sala del Verrocchio e del Secondo Quattrocento, la Sala dei Bronzetti, la Sala dei della Robbia, la Sala dell’Armeria e infine la Sala della Scultura Barocca e del Medagliere.
I due spazi più affascinanti del Museo del Bargello rimangono in assoluto la Sala dedicata a Michelangelo e quella ospitante Donatello. Nella prima si distinguono la statua di Bacco ubriaco ancora barcollante su un solo piede di un giovane Michelangelo Buonarroti, il bassorilievo Tondo Pitti (1504) raffigurante la Madonna con Gesù Bambino e San Giovannino e i più maturi David-Apollo e il Ritratto di Bruto. Nella seconda sala si possono ammirare tra le opere migliori di Donatello, come il San Giorgio del ciclo delle 14 statue dei protettori delle Arti di Firenze e i due David, in marmo e in bronzo.
Prima della fine del percorso espositivo lascia stupefatti il busto di Cosimo I di Benvenuto Cellini, una sorta di Gioconda dallo sguardo che si proietta negli occhi dello spettatore fissandolo e catturando la sua attenzione. Il Granduca presentato alla maniera dei ritratti imperiali e con la testa leggermente ruotata a conferirgli un portamento nobile e altero. Una raffinata tecnica e una particolare cura dei dettagli fanno di questo busto uno degli emblemi del Museo del Bargello.
Photos made by Carlotta Ceccarini
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