London Calling: British Contemporary Art now
- carlottaceccarini9
- 1 apr 2022
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 3 giu 2022
“Ho ascoltato per la prima volta London Calling dei The Clash quando avevo 14 anni. È stato come il canto della Sirena che mi ha attirato nella capitale” Mat Collishaw

Una capitale cupa e abietta è destinata a mutare il suo aspetto e a diventare il centro dell’arte contemporanea degli anni ’60, coprenfdi tale ruolo fino ai giorni nostri. Lo Swinging London, segno di una profonda trasformazione economica e sociale, conduce Londra verso la strada per diventare capitale della scena artistica internazionale. La Tate, la Royal Academy of Arts, la Serpentine Gallery e rinomate scuole d’arte sono destinate a diventare istituzioni di fama mondiale che danno vita a una vera e propria rivoluzione in campo artistico, di cui si fa promotore quello che sarà l’ultimo movimento nella storia dell’arte, gli Young British Artists.
Palazzo Cipolla dal 17 maggio al 17 luglio 2022 si fa promotore degli ultimi cinquant’anni di arte londinese, portando in scena 30 opere di 13 artisti di fama internazionale degli ultimi decenni, che hanno iniziato la loro carriera a Londra, ma ora sono il fulcro del mondo dell’arte nel mondo, presentati insieme in Italia per la prima volta. Artisti all’avanguardia, originali, provocatori e rivoluzionari.
Le sculture dei materiali più diversi e dalle forme essenziali che rivestono una dimensione monumentale di Anish Kapoor aprono London Calling, si impossessano dello spazio della prima stanza del palazzo cinquecentesco. Giochi di luce e ombra, pieni e vuoti rimodellano l’ambiente e creano un incontro con lo spettatore.
“Londra è una città multiculturale, con differenti realtà e ciò è una caratteristica incredibilmente speciale di questa città” Anish Kapoor
Kapoor apre la strada ai mondi naturali e artificiali di Tony Cragg, sculture in cui emerge fortemente la struttura interna del materiale che dà origine al suo aspetto esteriore, un’esplorazione delle micro e macro strutture presenti nella natura e portate in scena con processi e materiali industriali.
L’opera di Mat Collishaw tratta di questioni di ambiguità morale con immagini affascinanti e uniche, ricche di rimandi alla storia dell’arte, alla letteratura e all’epoca vittoriana, unite con la moderna tecnologia. L’artista riattualizza temi tradizionali in una visiona sinistra e disturbante.
La pittura fredda, piatta, priva di profondità di David Hockney, che richiama l’arte concettuale di Ed Ruscha, denuncia, con immagini che sembrano pubblicità di vacanze, il mondo americano legato al business e senza valori, un mondo fatto di puro edonismo.
L’artista britannico-nigeriano Yinka Shonibare esplora temi post coloniali attraverso le sue sculture, figure vestite con abiti settecenteschi e ottocenteschi in tessuti africani, che mettono in luce la storia delle sue origini, sottolineando il ruolo dell’Occidente nel plasmare i miti popolari.
I sentimenti della paura, dell’orrore, della provocazione e il rapporto tra vita, morte e malattia sono i temi generatrici delle opere di Damien Hirst. Artista indiscusso che abbina un immaginario pop con l’ordine formale dell’astrattismo e con riferimenti alla mentalità consumistica. Le fragilità del corpo umano e il loro rapporto con il progresso della storia dell’arte emergono dalle vetrine e dai colori di Hirst.
L’astrattismo è un punto chiave anche di Sean Scully, il quale nei suoi quadrati, alla Malevic, fonde le tradizioni americane con quelle europee. Opere in cui è preponderate il colore nero a richiamare l’interruzione delle nostre vite durante gli anni pandemici.
“Londra è una città molto pericolosa e seducente. Intendo che è una bella città e offre qualcosa per ognuno. È una città come un universo” Sean Scully
Il rapporto tra oggetto e immagine è rappresentato da Michael Craig-Martin, i cui colori vivaci e contrastanti esemplificano la pratica dell’arista, mettendo in luce la coesistenza degli individui nel mondo; opere che vanno lette come diari che rispecchiano la vita contemporanea.
“Non potrei immaginare di vivere in nessun altro posto se non Londra” Michael Craig Martin
Il tema di gender, identità e tradizioni è il centro dell’operato di Grayson Perry; Michael Jackson e Kurt Cobain idealizzati dalle masse utilizzano i loro problemi mentali e fisici come forma di spettacolo. Una critica all’alta moda si unisce a un modo scherzoso, ma brutale, di critica dei valori di oggi.
Ancora più brutali i fratelli Chapman che portano alla luce i tabù della società, infrangendo le barriere del terrorismo, del buon gusto e della morale, mettono in luce l’ipocrisia collettiva, la banalizzazione e lo sfruttamento commerciale con un umorismo noir che per certi versi ricorda le opere cupe e violente del pittore e incisore spagnolo Goya.
In totale contrasto con lo stile quasi infantile, molto semplice, che riprende i geroglifici egizi e le xilografie giapponesi, Julian Opie reinterpreta la vita quotidiana in uno stile riduttivo, con pochi tratti e una ristretta gamma di colori che riescono ugualmente a comunicare la personalità dei soggetti rappresentati.
Il dolore di Annie Morris per il figlio nato morto si riflette sull’equilibrio precario delle sue sculture, che seguono le silhouette di Opie. Morris ricerca pigmenti di colori che comprime leggermente sulla superficie trasmettendo così l’idea di precarietà e fragilità. Temi personali vengono associati a motivi universali quali la femminilità, maternità e fertilità.
La mostra si conclude con le minuscole e affollate lettere di Idris Khan, che impresse sul vetro diventano illeggibili. Parole sovrapposte che si irradiano dal centro delle sue opere come fossero un’esplosione di colore.
“Londra ha cambiato la mia vita” Idris Khan
Photos made by Carlotta Ceccarini
Fonte delle citazioni del post le didascalie della mostra London Calling
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