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L’ARTE VIVA di JULIAN SCHNABEL

  • carlottaceccarini9
  • 21 lug 2022
  • Tempo di lettura: 4 min

“Io sono un pittore. Ho fatto film per raccontare delle storie, c’è una parte della mia testa che vuole raccontare storie, i quadri sono più ermetici, non hanno bisogno di essere spiegati. Io voglio dipingere cose che mi sorprendono o che non ho ancora visto.”

(Julian Schnabel)

Julian Schnabel (https://www.theguardian.com/film/2019/apr/05/julian-schnabel)

Julian Schnabel, classe 1951, è un pittore statunitense di origine ebrea, anche conosciuto come regista cinematografico, a lui si deve la direzione di Basquiat (1996) e del più recente Van Gogh, Sulla soglia dell’eternità (2018). Schnabel fu regista anche di altri film tra cui Prima che sia notte e Lo scafandro e la farfalla, i quali gli valsero la candidatura all’Oscar come miglior regista. Il cinema è per Schnabel una forma d’espressione a lui molto congeniale, una forma per esprimere spesso gli aspetti più tragici, quasi estremi, della vita.

Non è cresciuto circondato da nessuna forma di bellezza. Vivevano in una di quelle case di plastica. Fino all’età di 18 anni ha vissuto circoscritto entro spazi molto delimitati. Il suo senso delle proporzioni, il suo amore per i quadri enormi, gli edifici immensi, la sua visione strabordante delle cose e la sua energia derivano esclusivamente da lui. (Stella Schnabel, figlia di Julian)

Durante la sua formazione frequentò un corso di studio del prestigioso Whitney Museum, accedendovi dopo aver spedito alla famosa istituzione due fette di pane in una busta con in mezzo alcune diapositive, simbolo del suo particolare senso dell’umorismo. Cominciò così il suo percorso nel mondo delle arte e divenne ben presto uno dei pittori più celebri della scena newyorkese, un artista che ha cambiato il clima artistico rendendo la pittura più accettabile in un momento storico dominato dall’arte concettuale e dalla scultura. Iniziò a frequentare il Max’s Kansas City, un locale dove si riunivano molti intellettuali. Fu qui che entrò in contatto, tra gli altri, con Mary Boone, fin da subito infatuata dall’arte di Schnabel, il quale nei primi anni ‘80, allestì la sua prima mostra nella galleria della Boone e di Leo Castelli. Per la prima volta un’artista esponeva in due gallerie contemporaneamente. Fu l’inizio di una serie di successi che lo consacreranno nella storia dell’arte contemporanea, facendolo approdare in musei del calibro del MoMA e del Metropolitan di New York, del Guggenheim di Bilbao e del Centre Pompidou di Parigi. Divenne ben presto un esponente di spicco del neoespressionismo.


Un pittore “en plein air” dei tempi moderni: dal 1979 ha sempre dipinto all’aria aperta adattandosi alle intemperie metereologiche che spesso hanno influenzato i suoi stessi dipinti. Julian Schnabel è noto per le tele di grandi dimensioni in cui adotta spesso tecniche miste, per esempio scritte che ricordano quelle dei graffiti sui muri messicani, tele lucide ricoperte di resina, sagome bianche, macchie di pittura irregolari e potenti create lanciando o strisciando panni intrisi di colore sulla tela o grandi disegni dipinti fatti su schegge di piatti di ceramica (Plate Painting). Dipinti fluidi che ricordano l’acqua in cui da giovane era solito surfare, elemento preponderante nella ricerca artista di Schnabel, per il quale l’acqua è il rimando alla possibilità di fuggire e a un senso di libertà. Opere che hanno raggiunto valori strabilianti sul mercato dell’arte.

Ciò che veramente sento quando vedo Julian lavorare è come rimescoli le parole, come prenda le cose intorno a lui che hanno un significato, un’emozione, un’eco interiore e lavorando sui meccanismi del piacere e della reazione, inizia a giocarci. Questa cosa è presente sia nei suoi film, sia nei dipinti, nelle sculture, a volte anche nel suo modo di vivere. (William Defoe)

Un’artista ribelle ed eclettico, vestito sempre dai suoi caratteristici pigiami. Un uomo che ha sempre avuto una visione cinematografica del reale: i suoi quadri sono cinematografici. Un uomo che ha saputo sfruttare le dinamiche commerciali del mondo dell’arte e del cinema, creando un’arte in cui tutto si mescola per diventare un prodotto artistico, ma al tempo stesso che gli permette di far emergere il suo mondo interiore. Un’arte astratta per un pittore gestuale, figurativo, fisico e sanguigno come lo definì la stessa gallerista Mary Boone. L’arte è la vita per Julian Schnabel, la sua gioia e il modo di affrontare i suoi dolori.

Cerco di raccontare la mia storia sfruttando la mia sensibilità. Molti registi usano una mappa letterale e lineare mentre io uso una mappa da pittore. Quello che scelgo di osservare, quello che illustro attraverso la musica e il punto sul quale fisso la camera … è tutto pittura. Se nella sceneggiatura non c’è la pioggia e inizia a piovere io non smetto di girare, ma vado con la pioggia. Qualcuno mi ha chiesto quali siano i miei metodi. È semplice: getto gli attori in una fossa. Quando riescono a uscirne possono andare a casa. Nella pittura funziona nella stessa maniera: getti i colori sulla parete e vedi cosa ne viene fuori (Julian Schnabel)
L’utilizzo radicato nel tempo della parola “astrazione” quasi mai aveva senso se applicata a Julian, Non era astrazione quanto piuttosto una pura sensazione ottica ed emozionale trasportata in qualche maniera su di una superficie piatta. Una riproduzione della vita in termini visivi. (John Richardson, storico dell’arte e biografo di Picasso)
L’arte di Julian è così interessante anche perché è aperta a qualsiasi cosa. A Julian interessa molto la fisicità dell’arte e la fisicità dell’individuo, cosa significa desiderare e sentire in questo mondo, esprime questo attraverso i suoi quadri da cui traspare sempre questa veemenza. Una veemenza che non è solo nella pennellata, ma anche nell’idea. (Jeff Koons)

https://www.julianschnabel.com/

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