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Fiori su tela. L'arte ritrovata

  • carlottaceccarini9
  • 28 giu 2022
  • Tempo di lettura: 3 min

L’odissea de Il vaso di fiori di Van Huysum, dalla sua scomparsa nel 1943 alla sua restituzione nel 2019.

Vaso di Fiori, Jan Van Huysum (https://it.wikipedia.org/wiki/Vaso_di_fiori_(van_Huysum)

Il documentario, in onda in prima visione su Rai 5 nel 2020 e ora disponibile in streaming su Ray Play nella sezione Documentari d’arte, mette in scena i saccheggi dell’opere d’arte toscane ad opera dei nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale, ricostruita dal racconto di Emanuela Avallone e Silvia De Felice con la regia di Monica Madrisan.


Jan Van Huysum era un celebre pittore olandese di nature morte attivo a inizio Settecento, divenuto celebre per il naturalismo della resa e il virtuosismo meticoloso dei dettagli. La sua opera a lungo al centro dei dibattiti artistici, Il vaso di fiori, fu acquistato all’inizio del 1800 dal Granduca Leopoldo II d’Asburgo-Lorena, grande amante di nature morte, di cui possedeva una cospicua collezione, avviata da Cosimo III de’ Medici, ammiratore della pittura olandese e di cui era già proprietario di numerosi dipinti.


Nel 1940 la Galleria Pitti fu fatta evacuare a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale e le sue preziose opere d’arte, 550 dipinti e 11 sculture, tra cui anche la natura morta olandese, vennero messe al sicuro in casse che furono trasferite più volte da una villa medicea all’altra, percorrendo tutta l’Italia a Nord, fino all’Alto Adige.


Nel 1944 i capi dell’esercito nazista con la scusa di mettere al riparo le prestigiose casse, se ne impossessarono e con esse anche del loro contenuto. Le casse vennero trasferite in Germania, ma durante il trasporto una di esse si ruppe e alcuni militari “infedeli” compirono un doppio furto, rubando una dozzina delle opere d’arte trafugate. Fino al 1989 vennero completamente perse le tracce di queste opere.


Hitler aveva il desiderio di realizzare un museo a Linz, la città austriaca che lo vide crescere e fu questo il motivo probabilmente per cui fece sequestrare centinaia e centinaia di opere d’arte in tutta Europa durante la Seconda Guerra Mondiale. Il Fuhrermuseum avrebbe dovuto aprire le sue porte nel 1950 e avrebbe reso fruibili al popolo del Terzo Reich opere di alto prestigio: da Van Eyck a Michelangelo, da Rubens a Leonardo da Vinci, da Rembrandt a Tintoretto, da Goya a Velasquez e tanti altri grandi nomi della storia dell’arte e soprattutto del Rinascimento italiano.


Con la fine della dittatura nazista e poi con la caduta del muro di Berlino, i detentori del dipinto rubato, con una fotografia che riproduceva il quadro, si rivolsero alla Pinacoteca di Stato Bavarese, autrice in seguito del restauro del quadro stesso, per verificarne l’autenticità e l’effettivo valore. Da questo momento si aprirono delle indagini che però all’epoca non portarono a risultati concreti.


La famiglia posseditrice cercò più volte, in maniera piuttosto ossessiva, di vendere il quadro allo Stato italiano, richiedendo per ben due volte, nel 1911 e nel 2011, un riscatto. Richiesta assurda che venne rifiutata viste le condizioni con cui i tedeschi ne erano diventati i detentori. Queste circostanze prolungarono ancora di qualche anno le trattative per la restituzione del dipinto di Van Huysum che si completarono grazie alla svista di uno degli avvocati del detentore de Il vaso di fiori, che si presentò di persona dal direttore della Galleria Palatina, dimenticando una cartellina in cui erano contenuti documenti che dimostravano l’appartenenza del dipinto allo Stato Italiano.


Il Direttore della Galleria Palatina di Firenze, Eike Schmidt, arrivò a compiere un gesto provocatorio per sollecitare l’interesse verso la questione e una risposta da parte della Germania, lanciando un appello al suo paese per la restituzione del quadro di Van Huysum, assente dalla sua originaria collocazione per 75 anni e sostituito per provocazione da una sua riproduzione fotografica corredata da una grande scritta rossa “RUBATO!” in varie lingue.

Un momento in cui Italia e Germania, come avviene in tanti altri aspetti delle tragiche vicende della Seconda Guerra Mondiale, riaprono insieme delle pagine di storia con coraggio, con trasparenza e con la voglia non di dimenticare e semplicemente voltare pagina, ma di risolvere certi nodi che erano rimasti irrisolti, come nel caso di questa opera d’arte. (Luigi Mattioli, ambasciatore d’Italia a Berlino 2018-2021)

Il vaso di fiori, uno dei capolavori olandesi di fine Seicento e inizio Settecento, un superstite della Grande Guerra, rappresenta un trionfo di colori brillanti che si diramano all’interno di linee e volumi leggeri. Un’attenzione minuziosa per i dettagli, quella di Van Huysum è una “micro pittura”, in grado di far sembrare il dipinto una vera e propria fotografia. Un’odissea destinata a chiudersi soltanto il 19 luglio del 2019 quando il quadro rientrò definitivamente nelle collezioni degli Uffizi, nella speranza che sia la prima restituzione di opere d’arte di una lunga serie.

Foto del Vaso di Fiori con la scritta rubato, Galleria Palatina (https://it.wikipedia.org/wiki/Vaso_di_fiori_(van_Huysum)

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