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FONDAZIONE MEMMO. QUASI di AMELIA PICA

  • carlottaceccarini9
  • 21 lug 2022
  • Tempo di lettura: 3 min

Un nuovo capitolo della ricerca dell’artista argentina incentrato sull’analisi delle strategie attuate nella comunicazione e sul ruolo del linguaggio. Oggetti quotidiani utilizzati in un paradossale ribaltamento della semiotica e delle sue regole. La serie Catachresis, l’estensione di una parola oltre i limiti del suo significato rivela come linguaggio e immagini possano interagire tra loro definendo la realtà. Il risultato sono figure ibride, animali e antropomorfe, dei “quasi” personaggi.

La Fondazione Memmo nasce nel 1990 grazie all'operato di Roberto Memmo, amante dell'arte antica in ogni sua forma di espressione e in ogni sua articolata bellezza. Fu proprio questa sua passione a spingerlo ad aprire una fondazione privata perché il più vasto pubblico possibile godesse di questi capolavori della storia dell'arte.


La Fondazione iniziò fin dalle sue origini ad allestire esposizioni temporanee di elevato livello nel piano del Palazzo Ruspoli. Mostre rese possibile grazie alla collaborazione tra il co-fondatore e diverse istituzioni museali tra le più importanti del mondo, come il Getty Museum di Los Angeles, il British Museum di Londra o il Museo Egizio del Cairo, e grazie anche alla curatela di personaggi illustri quali Morris Bierbrier, Christopher White, Catherine Whistler, Sir Denis Mahon, Felipe Garin Llombart. Il prestigio di tali esposizioni fu consacrato dall'afflusso di pubblico che si recò alla Fondazione per visitarle, in meno di 20 anni le mostre della Fondazione Memmo furono visitare da oltre 3 milioni di persone.

Negli anni 2000 Roberto Memmo decise di ampliare i suoi beni e aprì una succursale della Fondazione a Lecce. Nel 2012, invece, decide di aggiornare il suo programma espositivo dedicandosi all'arte contemporanea. L’obiettivo è quello di contribuire allo sviluppo di un tessuto culturale territoriale in una visione globale, connettendosi a realtà internazionali e promuovendo l’interazione fra gli artisti e la città di Roma, i suoi luoghi, le sue storie, le sue eccellenze nell’ambito delle tecniche artistiche e della tradizione artigianale. La nuova mission, desidera promuovere il presente per contribuire allo sviluppo del nostro futuro. Strumenti per raggiungere tale scopo saranno l’organizzazione e la produzione di mostre, performance, residenze, talk, convegni, laboratori didattici e pubblicazioni. La sala espositiva venne spostata nelle ex scuderie di Palazzo Ruspoli di fronte alla vecchia sede.


La Fondazione Memmo organizzare dalle tre alle quattro esposizioni contemporanee all'anno sia personali sia collettive. Le personali sono di artisti non del tutto emergenti e non storicizzati che spesso non hanno mai esposto a Roma se non addirittura in Italia, artisti mid-career, che possono affrontare spazi dove ci vuole un'esperienza nella gestione. Le collettive, invitano artisti che hanno un rapporto con Roma ma che non risiedono definitivamente a Roma, per testimoniare come Roma eserciti ancora un certo fascino sugli artisti contemporanei come nel passato.


Terminata la mostra di Oscar Murillo la Fondazione ospita la mostra Quasi di Amalia Pica a cura di Francesco Stocchi in allestimento fino al 16 ottobre 2022. Artista Argentina, classe 1978, formatasi a Buenos Aires e ad Amsterdam, attualmente vive e lavora nella capitale inglese ed è arrivata a esporre a livello internazionale.


La sua ricerca artistica che la porta a elaborare le 22 analogie esposte, senza didascalie, i cui titoli sono scritti sulle vetrate della Fondazione. La ricerca di Pica fonda le sue radici nella ricerca di oggetti del quotidiano che hanno una certa verosimiglianza con parti del corpo umano o animale. Oggetti nuovi o per lo più recuperati dai mercatini dell'usato, smontati e riassemblati in modo da creare nuove ibridazioni tra gli oggetti. Un progetto nato alla cieca e sviluppato all'interno della Fondazione proprio in occasione di questa mostra. Amalia Pica crea quasi oggetti o quasi esseri anatomici riconoscibili, da qui deriva il titolo della mostra stessa. Un'altra ispirazione deriva dalle marionette, opere che ballano nell'aria mosse dai fili dell’artista, assemblaggi che non solo suggeriscono un movimento ma lo rendono effettivo, reale, concreto.


Una sintonia con le avanguardie storiche, in particolare con il Surrealismo, la volontà di rappresentare oggetti del quotidiano sotto una forma estraniante, inattesa, bizzarra, che si basa su un gioco linguistico. Per questa mostra caratteristica fu la collaborazione con un produttore e artista del vetro, un artigiano del territorio romano, tipico della politica della Fondazione che tenta di creare legami tra gli artigiani locali e gli artisti che invita a esporre. Piccoli elementi in vetro più sottili punteggiano la mostra, definendo l'eleganza dell'operato di Amalia Pica, la sua eleganza nell'assemblaggio e la sua attenzione ai dettagli.


Il percorso espositivo si conclude con sei collage racchiusi in sei cornici colorate, che come fotografie, riprendono l'eleganza artistica di Amalia Pica. Sei opere corredate da cataloghi, non necessariamente dell'artista Argentina, ma che in qualche modo rimandano alla sua poetica.


Photos made by Carlotta Ceccarini

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